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Andreis e Manea, gladiatori per passione

Disciplina sportiva dalle origini antichissime, le prime testimonianze risalgono a 5000 anni fa in Mesopotamia, in Egitto e in Cina, la lotta è un vanto per la città della Quercia, grazie al Lotta Club Rovereto, del presidente Luciano Andreis. In quarant’anni di attività ha sfornato fior fior di campioni e il Maestro Luciano Debiasi è stato premiato giusto lo scorso febbraio dalla Provincia con la palma al merito sportivo per il suo lungo e redditizio impegno nella promozione di questa disciplina.

Fiore all’occhiello del team roveretano, ai nostri giorni, sono il diciottenne Federico Manea (in combattimento nell'immagine con la tuta rossa), e il sedicenne Daniel Andreis. Ma cos’ha di speciale questa disciplina, così rude e istintiva? Lo abbiamo chiesto all’atleta più giovane Daniel, già campione italiano nella categoria cadetti nella lotta greco romana. Qualcosa di particolare dovrà pur esserci, se Daniel adora passare più di tre ore al giorno in palestra, anzichè andare a zonzo con gli amici «A me la lotta piace perchè regala emozioni forti e adrenalina. É uno sport primitivo, che risale alle origini della storia dell’uomo e che permette di sfogare l'aggressività innata in ognuno di noi. La lotta è maestra di vita, insegna ad affrontare l’avversario correttamente, a vincere e a perdere con molti sacrifici. La lotta ti forma il carattere e quello che impari te lo porti dietro per tutta la vita». E i sacrifici non mancano, Daniel ne sa qualcosa: «Nei periodi più intensi di allenamento si lavora anche fino a cinque ore al giorno. E manco a dirlo, la prima a rimetterci è la scuola. Poi c’è il mantenimento del peso forma che è una vera scocciatura: prima della gara bisogna dimagrire per rientrare a pennello nella propria categoria. Un calo di peso (per lo più di liquidi) che non deve essere così drastico da rimanere senza energie soprattutto deve rimanere intatta la massa muscolare (che gli atleti hanno aumentato con allenamenti mirati nei mesi precedenti la gara). È il giusto equilibrio che fa la differenza». Parla facile Daniel (nella foto in allenamento con i pesi), dall’altro dei suoi 186 cm per 100 kg di peso. L’anno scorso gareggiava nella categoria 85 kg, ma quest’anno ha scelto di passare in quella superiore visto che per lui risultava troppo difficile rimanere “in linea” per tutta la durata della stagione. «Ovviamente si è costantemente seguiti dal medico e non si corrono rischi. Per dimagrire rapidamente bisogna sudare. E così, pochi giorni prima della gara ci si veste pesantemente e si comincia a correre fino a quando la bilancia non segna il punto giusto». Daniel a questi ritmi da yo –yo ci è ormai abituato e lo racconta con assoluta naturalezza. Ma non è certo cosa per tutti i comuni mortali perdere nel giro di una settimana oltre 5 chilogrammi, fossero anche tutti liquidi, e poi affrontare l’avversario. Le persone normali cadrebbero a terra come una pera dall'albero, altro che lotta! Questi atleti, invece, lo fanno proprio con il fine del combattimento e solamente in alcuni periodi programmati dell'anno agonistico. Daniel proviene da una famiglia di lottatori, lo erano anche suo padre e suo nonno. «Non mi hanno mai fatto alcuna pressione. Ho scelto la lotta in seconda media, dopo aver praticato tanti altri sport tra cui il calcio».

Lottatori si nasce o si diventa? Perchè biosogna pur dirlo che nella lotta "ci vuole un certo fegato" (in tutti i sensi, vista anche l'alimentazione particolarmente ricca di proteine cui sono sottoposti) e una certa aggrssività: non tutti sarebbero "mentalmente" in grado di lottare come gladiatori. Anche se questa disciplina, al di là di quello che appare, non è affatto pericolosa. Non è tanto uno sport di potenza, quanto una disciplina che sfrutta l'equilibrio e l'astuzia: l'avversario cade non perchè abbattuto a terra con la forza, quanto perchè sbilanciato a terra. Questo vale in modo particolare per la lotta greco-romana. Per la lotta libera, invece, che si combatte stando accucciati, la potenza ha il suo perchè. Comunque si fanno danno molte più pedate e si fanno più sgambetti i calciatori al termine di una partita molto intensa, che neanche i lottatori al termine del combattimento. Visti i risultati possiamo azzardarci a dire che Daniel, la lotta, ce l'ha nel sangue: dopo dieci mesi di allenamento aveva già vinto il campionato italiano nella categoria esordienti.
La lotta è anche uno sport ambito dai più giovani, che vanno in palestra a Rovereto per chiedere di provare questa disciplina. E non solo per emulare gli idoli dei cartoni animati, ma anche perchè, la lotta, è sempre più consigliata da medici e pediatri perchè fa bene al fisico in generale: irrobustisce il corpo e la colonna vertebrale, aiuta nelle patologie dell’apparato scheletrico (come la scoliosi) e in più fa bene alla mente, insegnando una certa disciplina.
Se Daniel per i suoi sedici anni è un colosso, o almeno così potrebbe apparire ai coetanei, di tutt’altra stazza è Federico Manea, che gareggia nella categoria 50 kg ed è alto un 1 metro e 65. Con un passato anche lui di calciatore, Federico ha diciott’anni e ha già vinto tantissimo in carriera, ultimo, ma non ultimo, il titolo italiano nella lotta greco romana nella categoria juniores e la medaglia d’argento in lotta libera. Non pienamente soddisfatto, si è piazzato secondo agli Italiani assoluti, tra i senior, gli atleti tra i 18 e i 35 anni. Andare avanti con questi ritmi fino ai Giochi Olimpici di Pechino 2008 è molto dura, anche perchè Federico ha un lavoro, quello di autotrasportatore, che lo impegna assai. «Le medaglie importanti ci sono, ma nessuna garanzia per il futuro, quando arriverà l’ora di lasciare l’attività sportiva e la difficoltà di trovare un impiego, quando allo sport si dedica tutto il proprio tempo. Dovrò decidere se continuare a combattere ad alto livello o se mantenere la lotta solo come una passione». Non solo questioni economiche in gioco, il problema è anche un altro. E cioè il diverso modo di concepire questa disciplina fra l'Italia e il resto del mondo, in particolare nell’Est Europa. «Se il miglior atleta italiano se ne va in Polonia, in Russia, in Ungheria a combattere, le prende di santa ragione - ha commentato Federico - E se la Federazione Italiana di Lotta non si decide ad andare al passo con il resto d’Europa (con tutto quello che ne consegue, compresi lunghi collegiali e tornei all’estero) è inutile pensare in chiave olimpica, sperando di avere qualche chance di medaglia». Parole sante... anche se Federico un’occasione come quella di Pechino non dovrebbe lasciarsela sfuggire, visto che i Giochi tornano una volta ogni quattro anni. Tutto sommato, la categoria dei pesi leggeri è considerata facile, nel senso che ci sono meno atleti “magri” rispetto a quelli più “grossi”. A questo proposito citiamo il grande, nei risultati, piccolo nella stazza, Vincenzo Maenza, che nella lotta greco-romana categoria 48 kg ha partecipato a quattro Olimpiadi, da Mosca a Barcellona. Tranne la prima, dove era molto giovane, è sempre andato in finale, vincendo due volte la medaglia d'oro e una d'argento.
Giochi Olimpici a parte, torniamo con i piedi per terra. Daniel e Federico sono in corsa questa settimana ai campionati italiani juniores (categoria che va dai 18 ai 21 anni) per la conferma del titolo (Federico) e di un buon piazzamento tra i migliori (Daniel).

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